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lunedì 14 settembre 2009

Riprendere Berlino

Pochissime canzoni mi hanno colpito tanto al primo ascolto. Sono quelle canzoni che poi mi sono entrate nell'anima...Che io mi ricordi fra quelle dei Coldplay che ci sono riuscite vi sono:
- Clocks, nel gelido inverno del 2003 mi era capitato di ascoltarla alla radio e di pensare che non avevo mai sentito un pianoforte così bello...
- A Message, che non appena è partita nel mio lettore cd nell'estate del 2005 ha conquistato il mio cuore;
- Amsterdam, sentita una notte in cui mi stavo risvegliando e il lettore cd era andato avanti imperterrito a suonare A rush of blood to the head. Le sue note mi avevano fatto rabbrividire da quanto erano fantastiche...
- Lovers in Japan, partita come traccia numero 5 di Viva la Vida or Death and all his friends, ascoltata nel mio ipod in anteprima rispetto all'uscita del cd. Non avevo mai sentito una canzone simile, prima, e mai più ne sentirò una che mi penetri nel sangue come lei...

Non ho riscontri con le canzoni degli Oasis, perché purtroppo è difficile parlare di primo ascolto con loro. Solitamente era Lidia a farmi conoscere tutte le canzoni degli Oasis...Ma ce ne sono due che ho ascoltato per la prima volta e che mi hanno fatto venire la pelle d'oca:
- Idler's Dream, B-side di Hindu Times e dolcissima canzone al piano dal testo meraviglioso;
- You've got the heart of a star, B-side di She is love e canzone veramente maestosa, dal testo importante e che ha segnato la mia vita...

Una canzone che mi ha colto impreparata per la sua bellezza è Anam-ji dei Sulutumana, gruppo indipendente lombardo, che non ha sfondato per chissà quali motivi. E' una canzone dal sapore etnico e dal testo meraviglioso...

Probabilmente ci sono tante altre canzoni che al primo impatto mi sono piaciute incredibilmente, ma non tanto quanto queste.
E da qualche settimana ce n'è una che ha preso posto in questo elenco di canzoni eccellenti, di un gruppo che non avevo mai sentito prima e che mi ha colpito profondamente al primo impatto dal vivo: gli Afterhours.
La canzone in questione è Riprendere Berlino, che da ieri è anche colonna sonora del mio blog. E di diritto, perché è davvero stupenda.

"Riprendere Berlino parla della riconquista di una cosa che si è perduta e che aveva un significato particolare per chi l’ha persa."
[Fonte: RockAction]

E' una canzone che per me significherà sempre tanto, perché mi ricorderà questo periodo in cui la mia vita ha ripreso ad andare nella direzione giusta.


Luce del mattino
Luce di un giorno strano
Pensavi di esser perso
Che cambia il tuo destino

Non sarebbe bello
Non farsi più del male
Non sarebbe strano
Se capitasse a noi

Anche il paradiso
può essere un inferno
Era tutto scontato
Finché non sei caduto


Non sarebbe bello
Riprendere Berlino
Non sarebbe strano
Prenderla senza eroi

Non sarebbe bello
Venire ad incontrarti
Senza aver paura
Di non ritrovarci mai

Fuori dalla tua porta
Fare la cosa giusta
Essere razionali
Mentre ti gira la testa

Non sarebbe bello
Non farci più del male
Non sarebbe eroico
Non essere degli eroi

Non sarebbe strano
Essere più leggeri
E non aver paura
Se capitasse a noi

Se capitasse a noi
Se capitasse a noi
Se capitasse a noi

mercoledì 2 settembre 2009

Una rosa in un campo di papaveri

Se Sam avesse potuto vedere il mondo con gli occhi di Claire, tutto sarebbe stato differente.
Claire aveva quella capacità di immaginare le cose come se circondate da colori che esplodono.
Ogni fiore, secondo Claire, aveva un magnetismo tale che la costringeva a sostare anche per minuti interi ad osservarlo. Diceva che non esisteva nessun petalo che fosse identico ad un altro.
Sam non comprendeva questa sua empatia nei confronti del mondo vegetale: guardava un fiore e non vedeva altro che un fiore. Non era affascinata dalle sfumature cromatiche della natura.
Claire, invece, avrebbe potuto stare sdraiata sull'erba, ad osservare ciò che la circondava per ore intere, senza mai annoiarsi. Assaporava qualunque oggetto, creatura o persona le si trovasse vicino, ne respirava il nettare fino al midollo per poterlo immagazzinare nella sua mente, in un ricordo che sarebbe poi rimasto indelebile.
Claire aveva una memoria infallibile, per i dettagli. Quando lei e Sam si muovevano, Claire non faceva altro che osservare incuriosita ogni piccolo particolare che le capitava davanti agli occhi, per poi rispolverarlo in una discussione che sarebbe avvenuta anche a distanza di anni.
Sam non aveva questa capacità: guardava un libro e vedeva soltanto un volume di un certo prezzo, pronto ad essere comprato, letto e riposto in libreria per essere poi riscoperto anni dopo.
Claire, invece, adorava l'odore della carta antica, così come quello delle pagine nuove. Diceva che ogni libro ha un odore particolare, che ci vuole quasi invitare a sfogliare le pagine.
Era una donna straordinaria Claire. Piena di vita e di gioia, che amava elargire alle persone che conosceva.
Avevano un'amica, lei e Sam. Si chiamava Tracy.
Tracy era irascibile e scontrosa, non faceva altro che litigare con i suoi genitori e con i suoi amici. Tutti la detestavano perché non si poteva parlare di niente con lei. Appena qualcuno manifestava un'opinione contraria, Tracy attaccava con le sue discussioni che puntualmente coinvolgevano il malcapitato in una lite furibonda. Così, col passare del tempo, Tracy aveva perso tutte le persone che una volta le avevano voluto bene.
Solamente Sam e Claire, continuavano a starle vicino.
Sam guardava Tracy e vedeva solamente una palla al piede, da trascinarsi in giro perché non si può proprio farne a meno.
Claire, invece, si sedeva sulla poltrona vicino a lei, e insieme stavano in silenzio. Sam le osservava in piedi, appoggiata allo stipite della porta, e si chiedeva cosa facessero.
Claire le spiegava che Tracy non era collerica e nemmeno intrattabile. Era semplicemente molto triste, perché nessuno capiva come lei fosse veramente.
Secondo Claire, il comportamento di Tracy era in realtà una maschera per una personalità sofferente e malinconica, che non aveva ancora trovato la propria dimensione reale.
Sam le guardava, sedute in quelle due poltrone, mentre la pioggia cadeva. E ogni tanto vedeva una lacrima sgorgare dagli occhi di Tracy, che sembravano divenuti improvvisamente freddi e inespressivi. Il suo sguardo sembrava trasmettere un'intensa sensazione di solitudine, che cospargeva l'aria circostante. E allora Claire le stringeva la mano e le sorrideva, portando Tracy a farlo a sua volta.

Sam non sapeva come facesse Claire a essere così perfetta. Era una creatura talmente dolce e perfetta, che non poteva esistere veramente. Era sbucata dal nulla, entrando a far parte della sua vita in una mattina di marzo.
Lei stava improvvisando una vita in quella giornata umida di primavera, Claire camminava sola sul ponte. Si erano appoggiate entrambe sulla staccionata e si erano messe a osservare le anatre, finché non era apparso un piccolo anatroccolo nero.
"La sai la fiaba del brutto anatroccolo?" le aveva chiesto Claire.
"Credo di averla sentita raccontare da mia madre, quando ero piccola" aveva risposto Sam, un po' spaesata dal fatto che una sconosciuta le rivolgesse la parola per parlare di fiabe.
"Il brutto anatroccolo si sentiva diverso dagli altri, nessuno gli voleva bene. Anche se sua madre cercava di accettarlo, non riusciva a convincere gli altri ad apprezzarlo. Così un giorno l'anatroccolo fuggì e passò l'inverno da solo, e per poco non morì"
Il piccolo anatroccolo nero stava sguazzando nell'acqua, ogni tanto ficcava la testa sotto la superficie per bagnarsi.
"Alla fine dell'inverno, però, raggiunse uno stagno in cui fu stranamente accolto da un gruppo di cigni candidi come la neve. Chiedendosi come mai lo accogliessero con gioia, guardò il suo riflesso nell'acqua...E si rese conto che non era più un brutto anatroccolo, ma era diventato un meraviglioso cigno bianco..."
Sam sentiva freddo e si chiedeva dove volesse arrivare quella ragazza con quel discorso.
"La fiaba riguarda la diversità - le disse - Fa paura, ci allontana dagli altri, ma dobbiamo essere capaci di trovare la nostra bellezza interiore e le persone che ci amano veramente"
"Tu ci sei riuscita?" le chiese Claire.

Da quel giorno Sam e Claire erano divenute inseparabili. Sam viveva al fianco di un'amica che sapeva concepire la bellezza delle cose, che gioiva per le gocce di pioggia sul viso e per le api che prelevano il polline dai fiori.
Claire era come una rosa rossa in un giardino di papaveri. E Sam era uno di quei papaveri.
Sembrava che la loro amicizia fosse eterna, niente e nessuno avrebbe mai potuto separarle.
Sam dipendeva da lei: senza, sarebbe stata persa.
Ma anche Claire necessitava della presenza di Sam. Era un rapporto simbiotico che si arricchiva di giorno in giorno. Era come se gran parte della bontà di Claire derivasse proprio dal fatto di aver trovato una persona così imperfetta che sentiva il bisogno di avere al fianco qualcuno di cui fidarsi.
Claire le diceva sempre: "La vera perfezione deve essere imperfetta. Suona strano, ma è la verità".
Sam non capiva cosa intendesse quando Claire si esprimeva con quel genere di linguaggio, sapeva solo che era uno dei suoi modi per farla sentire importante.

Un pomeriggio Claire non era tornata a casa.
Sam aveva vissuto una tremenda agonia nel cercarla senza successo. Aveva percorso in lungo e in largo i luoghi in cui avrebbe potuto trovarsi.
Non era nel loro parco preferito, dove sperava che stesse analizzando accuratamente i bozzoli delle larve in crescita, che di lì a qualche giorno sarebbero divenuti splendide farfalle, dai colori sgargianti e variopinti.
Non era nemmeno sul ponte, dove spesso si affacciava per cercare piccoli anatroccoli da incoraggiare.
E non era nemmeno sotto il loro albero preferito, a leggere un libro e ad assaporarne l'odore di nuovo.
Semplicemente Claire era svanita nel nulla.

La telefonata giunse a freddarla, inaspettatamente. Seduta davanti al camino, nemmeno il calore del fuoco crepitante riusciva a scaldarla. Era come se Claire fosse ancora lì insieme a lei, invece l'avevano trovata nascosta fra i cespugli di un parco fuori città, priva di vita.
Avevano chiamato lei perché il suo era il numero più selezionato sul suo telefono, ma questo non faceva stare meglio Sam. La mancanza della sua dolce amica la iniziava a dilaniare, un vuoto incolmabile stava prendendo posto nel suo ego affranto.
Non ci pensò due volte. Raggiunse il loro amato ponte e si fermò a osservare gli anatroccoli dello stagno. Le sembrava quasi che esprimessero anch'essi la loro angoscia per ciò che era successo.
Il desiderio di saltare era fortissimo. Sam non sapeva nuotare, sarebbe annegata rapidamente e nessuno avrebbe potuto aiutarla.
Ma si soffermò per un momento a chiedersi cosa avrebbe pensato Claire, se avesse fatto una cosa del genere.
"Il suicidio è l'ultima arma delle persone senza speranza" soleva dirle quando leggevano delle notizie al riguardo sul giornale. Sam non era capace di pensare, in situazioni del genere: si limitava a pensare che le persone che volevano farla finita dovevano avere dei buoni motivi che li spingevano a comportarsi così. Ma per Claire la morte era innaturale tanto quanto un anatroccolo abbandonato dal proprio gruppo. E ancor più era la morte provocata da se stessi.
"La vita è così intensa e così breve. Varrebbe la pena viverla anche se non ci fosse più niente per cui lottare" le diceva, guardando i piccoli uccellini cibati dalla loro madre nel nido.
"Ogni momento va assaporato, diventerà un ricordo indelebile nella nostra mente" sorrideva spesso Claire.
No, Sam non avrebbe mai potuto saltare da quel ponte. Claire l'avrebbe convinta a non farlo con i suoi modi gentili: l'avrebbe presa per mano, in silenzio. Le avrebbe raccontato la fiaba del Brutto Anatroccolo per cercare di sollevarla da quel momento di debolezza.

La sua vita non sarebbe più stata la stessa, ma Claire avrebbe sempre avuto un posto speciale nel suo cuore. Claire era una parte di Sam, dal giorno in cui aveva cercato di togliersi la vita sul quel ponte e quella dolce creatura l'aveva raggiunta convincendola a non farlo.