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sabato 7 febbraio 2009

Un giorno migliore

Ci si rende conto appena svegli che sarà una giornata pessima.

Quando senti la pioggia cadere a catinelle e ti chiedi chi te l'ha fatto fare di iscriverti all'università a Milano.
Quando vai a fare colazione e tuo padre ti abbandona perché deve andare con tua madre a fare la spesa e, in fondo, tu hai 21 anni e puoi arrivare fino in stazione a piedi.
Quando il treno è in ritardo di un quarto d'ora e lo devi aspettare sotto l'acqua.
Quando quello stesso treno si presente pieno di gente e la prima classa è stata declassata, azione che ti costringerebbe a vagare sul treno in piedi per cercare un posto.
Quando quel posto non lo puoi nemmeno cercare perché la gente è stipata lungo i corridoi e quindi non riesci a camminare per cercare un'eventuale prima classe.
Quando ti fai un viaggio in treno in piedi, e non lo facevi da due anni buoni.
Quando arrivi in stazione e giù nella metro c'è una fila chilometrica per comprare i biglietti della metro.
Quando ti chiedi chi te l'ha fatto fare di non comprare un abbonamento annuale ed evitare quelle inutili code per due biglietti.
Quando arrivi in università e ha ricominciato a piovere.
Quando ti bagni perché, da brava sfigata, hai lasciato l'ombrello in macchina di tuo padre - che come detto prima non ti ha accompagnata fino in stazione.
Quando al ritorno dall'università ti rendi conto che non farai mai in tempo a prendere il treno che ti era preposta di prendere a Lambrate e quindi decidi di fermarti in Centrale.
Quando i nuovi orari fanno cagare e di conseguenza devi aspettare un'ora in stazione per un ritardo di cinque minuti.
Quando l'unica volta che vorresti un treno in ritardo, lui sarà puntualmente in orario.
Quando chiami incazzata i tuoi genitori per scoprire che sono in giro - ancora a fare la spesa - e quindi devi contattare tua sorella.
Quando devi ostiare contro tua sorella perché vuoi prendertela col mondo intero, ma in fondo non è colpa sua.
Quando gli orari cartacei che indicano tutti i treni della giornata e le relative fermate sono stati tolti da qualche intelligentone.
Quando per trovare l'unico orario cartaceo devi farti 70 gradini di Centrale su e giù come una scema.
Quando nella nuova stazione non c'è nemmeno una panca su cui sedersi.
Quando maledici la nuova Milano Centrale che fa più cagare di quella vecchia.


Eppure da qualche parte ho sentito dire che bisogna saper trovare un lato positivo in ogni cosa brutta che ci succede. Io oggi avevo la consapevolezza che domani dovrò andare al funerale di una persona che era troppo giovane, troppo gentile, troppo speciale per lasciare questo mondo.
Eppure una cosa bella m'è successa, una di quelle cose che ti fanno davvero pensare: "Basta un giorno così".
Per puro caso mi sono ritrovata davanti alla sala d'attesa di Milano Centrale. Ho deciso di entrarci perché dovevo aspettare in pratica un'ora, avevo il mio libro da finire (L'orlo della Fondazione, Asimov) e non avevo proprio voglia di stare in piedi.
Non è che lì dentro ho scoperto un mondo di magia e mistero, non è stato proprio come entrare nell'armadio de Le cronache di Narnia.

Tuttavia una cosa c'era, una cosa che mi ha leggermente addolcito il momento.
Entrare nella sala d'aspetto di Milano Centrale è stato come entrare in una puntata di Alias. In pratica assomigliava tanto alla stazione dei treni della puntata 1.22 Quasi trent'anni.
Insomma è stato come entrare in quel luogo, in quel momento mi sentivo come Syd, in attesa che qualcuno venisse a cercarmi. Con la differenza che io non stavo cercando pace in un luogo in cui "persone normali vanno ai loro lavori normali", perché non sono un agente segreto della C.I.A.

Ma il primo pensiero che mi è venuto quando ho scelto il posto in cui sedermi è stato per Alias e per quella puntata. Ed essendo quella scena particolarmente intensa e importante per il telefilm, è stata una sensazione emozionante.
Difficile da spiegare a chi non ama il cinema e i telefilm come me, anche a chi si estrania da quel mondo fittizio della televisione e cerca di vivere una vita il più realistica possibile.
Anche io ormai lo faccio.
Ma ogni tanto mi piace sentirmi felice per qualcosa di semplice.
Guardando Alias posso ancora sognare.
Sognando Alias potrò ancora sorridere nei momenti peggiori, anche quando perderò il treno!

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