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mercoledì 5 agosto 2009

Nathan's Confessions

Una volta ho sentito dire in un film che per scrivere bene devi scrivere quello che sai.
Ecco quello che so: fra 4 giorni compio 22 anni e mi sento la più vecchia ventiduenne della Terra.

Una volta pensavo di essere il centro del mondo per tante persone.
Ero convinta che un giorno "avrei sfondato" e "avrei lasciato il mio segno nel mondo".
Ero circondata da amici che mi volevano bene e che avevano bisogno di me, quanto io ne avevo di loro.
Ero brava a scuola, prendevo sempre ottimi voti ed ero rispettata dai professori.
Avevo un buon grado di autostima, che derivava un po' dall'avere una vastissima cultura generale, anche grazie all'ambiente in cui sono cresciuta, e un po' dall'avere una famiglia che adoro.
Credevo di essere una bravissima cantante e passavo ore intere a interpretare pezzi dei miei autori preferiti.
Quando sentivo una canzone dei Coldplay o degli Oasis per caso, come sta avvenendo ora (dato che è partita sulla radio del vicino Life in Technicolor ii) mi veniva la pelle d'oca e dovevo assolutamente comunicarlo sul forum del tale artista.
Adoravo scrivere storie. Ero convinta che sarei diventata una fantastica scrittrice e che avrei venduto milioni di copie dei miei manoscritti.
Collezionavo immagini di modelli fighissimi che andavano a creare un piccolo altare nella parte interna delle ante del mio armadio in camera.
Vivevo nell'incessante attesa di qualcuno che amavo non corrisposta.
Ma più di ogni altra cosa avevo una migliore amica che condivideva tutto con me, gioie e dolori, e che mi faceva sentire speciale. Perché per avere un'amica come lei, dovevi per forza avere anche qualcosa di speciale.

Oggi non conduco una vita particolarmente emozionante. Anzi, si potrebbe dire che vivo in una routine che sembra non cambiare mai.
Sono tre anni che mi guadagno due soldi con le ripetizioni, che frequento l'università senza avere elevati picchi di bravura e che faccio avanti e indietro da Milano su treni o troppo freddi o troppo caldi.
Sono diventata una specie di automa, che subisce la vita in ogni suo aspetto e non è più capace di afferrarla e trascinarla nella direzione che gli piacerebbe prendesse.

La vita è strana: scorre tranquilla e, quando meno te lo aspetti, ti scaraventa in un baratro senza ritorno. Cerchi con tutte le tue forze di sopportare quello che accade intorno a te, ti dici che ci sono persone nel mondo che hanno guai ben peggiori di quelli che hai tu.
Ma, egoisticamente, ti senti sprofondare sempre più. Tiri fuori le unghie, ti aggrappi con ogni forza alle pareti di quel cadere sempre più in basso, ma i tuoi sforzi sono vani.
E così, quando tocchi il fondo, ti rendi conto della dura realtà della vita: non sarai mai nessuno per il mondo, perché sei solo una persona comune. Una donna destinata a vivere la vita al pieno dei suoi sforzi per cercare di portare il pane sulla tavola e di vivere una vita degna di tal nome.
Una di quelle persone che, quando poi svaniscono, non lasciano più nulla dietro di sè, se non dei figli e dei nipoti che per un po' piangeranno la sua scomparsa.

Mi piacerebbe vivere questo compleanno in modo più sereno e tranquillo, ma non posso. La verità è che quando guardo avanti, nel mio futuro, non ho alcuna certezza.
O meglio ne ho una. Fortunatamente la componente fondamentale della vita di ogni essere umano, l'amore, va a gonfie vele da ormai quasi 4 anni.
Ringrazio ogni giorno dio - o chi per lui - mi ha concesso almeno questa grande gioia, nella vita.

Ma l'amore non basta. E purtroppo una donna che ha il pessimo e merdoso e terribile e odioso e inutile e merdoso un altro paio di volte carattere che ho io, ha bisogno di sentirsi realizzata.
Vedendo persone intorno a me che stanno raggiungendo traguardi importanti, non posso fare altro che soffrire, perché io non credo che ne raggiungerò mai.
Ed è importante che io mi sfoghi su questo blog, dove quasi nessuno leggerà quello che ho scritto, perché in realtà non ho nessun altro con cui potrei sforgarmi.
Le paure più intime delle persone sono sempre le più difficili da ammettere e da combattere. Io poi non sono mai stata capace di farlo.
Una di quelle persone che mandano avanti un amico o un'amica per sapere se un ragazzo le mi piace contraccambia il sentimento, dato che non ha il coraggio di chiederlo.
Una di quelle persone che non ha nemmeno le palle di alzare una cornetta del telefono per chiamare dei servizi ufficiali, dei dottori, una pizzeria, perché non riesce a combattere quell'assurdo moto di vergogna che ne deriva.
Una di quelle persone che un tempo era tanto capace di dire tutto quello che pensava a una classe che pendeva dalle sue labbra, ma che allo stesso tempo oggi non riesce più nemmeno a prendere la porta a 4 mani e correre da un'amica per abbracciarla e farle capire quanto le manca.

Non ha uno scopo preciso questo post. E' solo uno sfogo momentaneo.
Una di quelle cose da avvolgere in qualcosa di morbido, e lasciare lì finché non si sarà in grado di farci cadere sopra un masso pensatissimo per appiattirle definitivamente.
La vita continua: questo è un anno che si sta rivelando leggermente migliore a quello passato, se non altro per tutte le bellissime esperienze che ho fatto.
Ne ho ancora molte in avvicinamento: due concerti dei Coldplay, uno degli Oasis, il campionato che sta per cominciare, una tesi che inizierò a scrivere.
Forse un giorno guarderò indietro a questo post e ne riderò, dicendo che erano solo le confessioni di Nathan.
Per ora lo avvolgo in qualcosa di etereo, di virtuale, di non-esistente nella realtà materiale: questo blog. Che più di ogni altra cosa contiene le mie ansie e i miei timori.

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